giovedì 7 ottobre 2010

Il turista postmoderno


Al di là delle definizioni di tipo tecnico, necessarie ai fini della misurazione del fenomeno, nel difficile tentativo di ricondurre il turismo a un settore ma che interpretano il turista come un oggetto, per tratteggiarne la figura è necessario comprendere il contesto in cui è inserita, vale a dire la società postmoderna. Sono troppi gli attributi che definiscono questo nuovo tipo di società per poterli riassumere in questa sede, se ne citano quelli più importanti e che appaiano maggiormente legati all’economia. Il primo è “la centralità del consumo, il vero ubi consistam del postmoderno, una delle sue dimensioni più significative. L’enfasi sulla produzione, la cultura della fabbrica che ha caratterizzato il nostro recente passato sembra sbiadire a fronte dell’impetuoso emergere delle nuove realtà del consumo.”[1] Il secondo, direttamente conseguente, è l’irrompere nella realtà di un nuovo tipo consumatore[2], il quale ha acquisito una consapevolezza e una maturità, nonché un potere e delle libertà sconosciuti in passato. L’atto del consumare non è peraltro riconducibile soltanto a una dimensione di spesa o alla soddisfazione di un bisogno, ma a delle modalità con cui l’individuo ricerca soprattutto esperienze e costruisce la propria identità.

Naturalmente in questi cambiamenti rientra anche il turista, che:
- è una figura incerta, sfuggente, più sensibile che sta progressivamente abbandonando il turismo tradizionale di massa alla ricerca di una nuova collocazione;
- è più maturo e severo e richiede standard qualitativi sempre più elevati;
- svolge forme di turismo diverse in momenti differenti, determinando un aumento dell'imprevedibilità e variabilità dei comportamenti d'acquisto;
- desidera vivere esperienze molto personalizzate e coinvolgenti che consentano di vedere l'autentico, il vero, ciò che non è stato ancora inquinato dalla quotidianità;
- è spinto da interessi specifici come il turismo d’avventura o l’eco-turismo;
concepisce il viaggio non tanto come uno status symbol, bensì come un'esperienza personale da vivere per se stesso e per nessun altro;
- si configura sempre più spesso come viaggiatore esperto, molto informato grazie alle innovazioni tecnologiche, al desiderio di conoscere nuove culture e all'aumento dell'età media che offre maggiori occasioni di viaggiare nell'arco della vita;
- è molto attento alla qualità della vita perciò, anche se non percepisce un reddito altissimo, è disposto a modificare il comportamento, restringendo la durata dei soggiorni o rivedendo il tenore di vita abituale, ma non sicuramente rinunciando a viaggiare.[3]

Un capitolo importante del postmoderno è senza dubbio quello legato alle nuove tecnologie, anche perché queste giocano un ruolo decisivo nel turismo. Ci si riferisce al complesso mondo dell’IT[4] e dal lato del turista, soprattutto a Internet.
Internet è una piattaforma che nasce da una rivoluzione informatica dei primi anni del ’90, momento in cui i domini evolvono dal database al testo e a essi è applicata la tecnologia web, che si basa su cinque caratteristiche: ipertestualità, multimedialità, interattività, interfaccia, contenuti. In questi ultimi anni si è passati al web 2.0, che non sembra basarsi su innovazioni di grande portata, ma si caratterizza per una spiccata attitudine del sistema all’interazione fra le persone.
I vantaggi che l’avvento di Internet ha portato al turista sono soprattutto due: una riduzione del costo di ricerca dell’informazione, e una riduzione delle asimmetrie informative, che in un esperience good come quello turistico, valutabile solo a posteriori, data la forte componente d'intangibilità, è da considerarsi un deciso progresso. Infatti, grazie a ciò il turista è diventato, in qualche modo, agente di viaggio di sé se stesso, e nel settore si è operata una forte disintermediazione.
Stando ad alcuni numeri, oggi la maggior parte del traffico legato alla prenotazione e all’acquisto di un viaggio si muove online: nel 2008 la percentuale è stata del 56% negli Stati Uniti e del 42% in Europa, mentre nel 2009 per il nostro continente si è registrata un’ulteriore crescita che lo ha portato sopra la soglia del 50%.[5] Il settore dei viaggi in rete è gestito dalle maggiori OTA[6] a livello internazionale, ovvero Expedia, Hotels.com, Orbitz, Cheaptickets, Travelocity, Priceline e Hotwire che gestiscono circa il 72% del traffico mondiale.
PhoCusWrigh, nello studio che si riferisce al mercato turistico statunitense (gennaio 2007- 2009), ha rivelato altri trend significativi. Uno riguarda la crescita dei siti non transazionali, che sono quelli dove l’utente s’informa e costruisce la propria opinione, il cui traffico pur non producendo direttamente guadagni è una fonte di grande valore e orientamento per quelli transazionali. Esso mostra come il processo decisionale del viaggiatore su Internet stia diventando sempre più articolato, ed emerga un passaparola che va affiancando o sostituendo quello adoperato nella realtà, e può avere effetti moltiplicativi anche superori, giacché coinvolge un numero maggiore di persone e ha memoria.[7] L’altro trend riporta il lento crescere e l’affermarsi nel web di piccole realtà legate al turismo di nicchia, che se da un lato mostra l’importanza in questo settore di garantire al cliente la personalizzazione del servizio, dall’altra conferma la possibilità attraverso Internet di raggiungere tale obbiettivo meglio di come ciò è fatto, di solito, con i media tradizionali. Si pensi, per fare un esempio, alla maggiore efficacia dell’e-mail marketing rispetto una generica pubblicità.
Sebbene i risultati citati non riguardino direttamente l’Italia, che anzi presenta qualche segnale in controtendenza[8], non c’è dubbio che il futuro del turismo sia da cercare su Internet, per la facilità ed efficienza nelle relazioni di tipo economico che questo strumento può garantire. 
 
( da "Cultura della''accoglienza e qualità dell'ospitalità nel STL di Oristano" tesi in Economia e Gestione dei Servizi Turistici di Moi Giuseppe, luglio 2010 ) 


[1] “ Societing “ (2008) G. Fabris.
[2]  G. Fabris con felice espressione lo chiama “consum-attore”, “Societing” (2008)
[3] Brunetti, Testa, Ugolini, 2005; Schawainger, 1989
[4] “L’information technology è definita d Poon (1993) come l’insieme delle più recenti modalità e meccanismi di acquisizione, elaborazione, analisi, memorizzazione, recupero, diffusione e applicazione delle informazioni.” Economia del turismo,  G. Candela (2003).
La gestione dell’informazione, in tempo reale, è di strategica importanza, nella costruzione della catena del valore da parte delle imprese che operano nel turismo, dato che questo settore è spesso definito “information intensive”. 
[5] Lo rivela un ente di ricerca americano, la PhoCusWrigh in collaborazione con Compete.com (www.bookingblog.com).
[6] Online Travel Agency
[7] Questo aspetto è di grande interesse, infatti sebbene ciò che deve essere vagliato rispetto al potere del passaparola sia l’autorevolezza e la persuasività della fonte, accade che nella catena che si mette in moto su Internet la traccia scritta resista meglio nel tempo.
[8] Nella ricerca presentata alla BIT di Milano (2009) da Rodolfo Baggio, (fonte: Mobissimo), si diceva che gli operatori turistici italiani sono poco orientati al web 2.0 e i turisti acquistano meno in rete, rispetto a quanto accade nel mercato europeo e internazionale. Le cose sono comunque in rapida evoluzione anche in Italia.

venerdì 10 settembre 2010

Il ruolo delle donne nel turismo

Il turismo, oggi, è uomo o donna? Per rispondere a questo stimolante quesito non si può prescindere da alcune considerazioni di carattere assolutamente generale. Come forse è noto, il turismo costituisce uno dei fenomeni economici più rilevanti della nostra epoca; e dal punto di vista sociale, la pratica del viaggio e della vacanza sono diventate un aspetto imprescindibile, nello stile di vita dell'individuo del terzo millennio.
In Europa, prima destinazione turistica al mondo, un recente documento della Commissione Europea stima che il contributo di questo settore al PIL sia del 5%, e che la percentuale di occupati rispetto alla forza lavoro totale sia del 5,2%. Se si considerano le attività attinenti, quelle cioè per cui il turismo è un fattore di crescita, il dato sul PIL sale al 10% e quello sugli occupati addirittua al 12%. Si tratta di cifre per le quali, malgrado la crisi, si prevede un'ulteriore crescita nei prossimi anni. E' pure noto l'impegno dell'Europa a rimuovere gli ostacoli a una condizione davvero paritaria delle donne in campo lavorativo, che trova fondamento nel Trattato CE, il quale all'art. 3 sancisce tale diritto, e all'art.13 afferma che il Consiglio, all'Unanimità, può adottare i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni basate sul sesso. Il settore turistico potrà costituire un'occasione di vero riscatto per le donne? Quante, in futuro, potranno ambire a posizioni di rilievo?
Se stiamo alla situazione italiana, dove il turismo è oggetto spesso di intensa e futile chiacchera, e non di attività di programmazione, il quadro è, nonostante tutto, incoraggiante. Secondo dati Istat ogni venti occupati uno lavora nel turismo, in linea quindi con la media europea del 5%; e in particolare, l'occupazione femminile, fonte Union Camere, è vicina alla soglia del 40%. I valori cambiano da regione a regione, alcune sono più rosa di altre: la Toscana, ad esempio, detiene  il 57% di imprenditrici. In generale, nel turismo, sia tra l'imprenditoria che tra gli addetti, si registrano per le donne medie occupazionali più elevate rispetto agli altri settori. Altre ricerche confermano che molte donne, in Italia, stanno passando alle attività del terziario e del turismo; e mostrano come nel nostro paese il loro impiego sia favorito dalla presenza di piccole e medie imprese, spesso a conduzione familiare, e dalle nuove forme di ricettività, quali ad esempio i bed and breakfast, che facilitano l'inserimento delle donne nel lavoro autonomo.
Ma quali sono le attitudini che le donne possono vantaggiosamente esprimere per sè stesse e per gli altri, in ambito turistico? Il discorso non è univoco e si lega molto al profilo necessario per le diverse professioni. In alcune, ad esempio piccole forme di ricettività, agriturismi e B&B, ma anche receptionist e addetto di back-office alle prenotazioni in albergo, le donne manifestano talvolta una migliore cultura dell'accoglienza, oltre a un maggiore orientamento al servizio e attenzione al cliente. Qualità per così dire ataviche, maturate all'interno dei contesti familiari, e oggi traferite con efficacia in campo lavorativo. Chiunque può averne avuto prova, nel modo più vario; se si prende, poniamo, una mansione come quella del receptionist, si verifica immediatamente come nell'immaginario comune, oltre che in quello pubblicitario, la figura femminile risulti molto più evocativa di quella maschile.
Alcuni ruoli al contrario, come il direttore d'albergo, o il più recente destination manager, basati su forme di leadership tradizionale ed elevata progettualità, sembrano privilegiare ancora il carisma maschile, ma la situazione è in costante evoluzione. In altre professioni, ad esempio l'agente, il consulente, il programmatore di viaggi, dove si richiedono creatività, competenze linguistiche, e ritorna l'importanza del rapporto col cliente, le donne appaiono naturalmente favorite. Vi è poi tutta una categoria di lavori legati al mondo del web, cioè le professioni Ict - web designer, software developer, giornalista online - che in Italia vedono una presenza femminile superiore a quella della media del mercato del lavoro, e aprono scenari interessanti per quanto riguarda la conciliazione col tempo da dedicare alla famiglia, dato che si tratta di occupazioni per le quali non è necessaria la presenza in azienda. Si tratta quasi sempre, però, di attività free lance, i cui problemi sono legati alla forte "individualizzazione" di tali tipologie professionali, e alla loro difficoltà di tutela, dato che sfuggono alle forme classiche di contrattualizzazione.
Il problema dei diritti del lavoro, nel turismo, è molto presente, e non riguarda soltanto le donne: piuttosto è un'aspetto trasversale al sistema e deriva dall'esistenza, accanto a prestazioni molto qualificate, di impieghi stagionali basati sul nero e su condizioni d'intenso sfruttamento della manodopera, sui quali si fondano interi modelli turistici.
Oggi l'inserimento delle donne nel settore turistico, più che un'opportunità, appare una necessità. L'impresa che abbatte il coordinamento gerarchico e diventa sempre più informale, sviluppando trame di rapporti orizzontali, basati sull'emotività e l'esperienza, anche con il cliente, richiede un loro pieno coinvolgimento per realizzare questo passaggio, attraverso la cultura di cui sono portatrici.  Ciò è ben espresso, in termini sociologici, da Luce Igigaray in un'intervista: "Lavoro da anni sul linguaggio. Con campionature eseguite su lingue e culture diverse. Quel che emerge è che uomini e donne non parlano affatto allo stesso modo. Se chiedo a ragazzi e ragazze di comporre frasi per esprimere relazioni, usando 'io/tu", "condividere", "amare", "lei/lui", viene fuori una reale diversità tra i sessi. I ragazzi privilegiano il rapporto soggetto-oggetto, l'uno-molteplice, la relazione con lo stesso o il medesimo. E poi la verticalità, cioè la genealogia e la gerarchia. Le ragazze privilegiano invece la relazione tra soggetti. La relazione a due, la relazione nella differenza, e orizzontale".
Anche dal lato della domanda, il rapporto donne e turismo rivela aspetti interessanti. Da un lato esse sono ricorrente bersaglio di campagne pubblicitarie molto mirate, come "parti con il pancione", "vacanza con la mamma", proposte per single e suggerimenti di soggiorni dove abbinare trattamenti estetici al riposo vacanziero. Dall'altro si dice viaggino di più, e siano loro a scegliere, in una coppia, la meta. Qualcuno, del resto, si è mai sognato d'imporre la destinazione delle vacanze a una donna?
In conclusione, le donne sembrano ottime ambiasciatrici del turismo, sia nel farlo che nel proporlo, con grandi prospettive per il futuro.

giovedì 9 settembre 2010

Le origini del turismo

Viaggi del '800 in Italia

Generalmente si fa risalire la nascita del turismo a quel fenomeno noto con il termine Grand Tour, che iniziò nel corso del XVII, ma si sviluppò soprattutto tra il XVIII e XIX secolo, e si caratterizzò per due aspetti. Era un fatto d’èlite, e aveva finalità essenzialmente culturali, poiché si trattava di un viaggio che i giovani aristocratici del tempo intraprendevano verso le più importanti città dell’Europa, e che serviva a completare la loro educazione e formazione.
L’Italia, con il proprio ineguagliabile patrimonio di classicità artistiche e letterarie, divenne una meta imprescindibile del Grand Tour e, a tal proposito, si ricorda un’importante letteratura di viaggio.[1]
Spostarsi, oltre a comportare diversi rischi in quanto le strade spesso erano insicure, era un’operazione molto costosa e secondo la località da raggiungere richiedeva parecchi giorni, perciò era possibile soltanto a una ristretta cerchia di persone.

E’ con la nascita dei mezzi di trasporto moderni e l’avvento della motorizzazione di massa, quindi dopo la seconda guerra mondiale, che il turismo inizia a svilupparsi in modo notevole, assumendo la dimensione di un mercato e coinvolgendo sempre più persone. In questo periodo storico, sono due variabili quantitative che più di altre concorrono a definirlo: reddito e tempo libero. L’improvviso aumento di disponibilità economiche e il tempo liberato dal lavoro, infatti, sono le condizioni che permettono l’accesso di nuovi strati della popolazione all’attività del viaggiare. In tale fase, il turismo si presenta in forme ben distinte - balneare, termale, religioso, ecc. - facilmente riconducibili ai bisogni che sono soddisfatti.

Attualmente si tratta di uno dei settori più dinamici delle moderne economie e in Italia è considerato un’attività particolarmente importante e strategica. A livello mondiale, nonostante la congiuntura negativa della crisi economica, il contributo del turismo al PIL nel 2009 è stato del 9,3%, contro il 9,6% del 2008, ma le previsioni di crescita del 4% annuo nei prossimi dieci anni rimangono inalterate.[2] Il flusso generato è di circa un miliardo di persone l’anno, e stando ad alcune stime, raggiungerà nel 2020 quota 1,6 miliardi. [3]
Secondo l’UNSTAT[4] e la WTO[5] rientrano nel fare turismo:
 le attività delle persone che viaggiano verso, e si trovano in, luoghi diversi dal proprio ambiente abituale, per un periodo complessivo non superiore a un anno consecutivo a scopo di svago, affari o per motivi diversi dall’esercizio di un’attività remunerata all’interno dell’ambiente visitato.(1994)
La definizione, oggi universalmente accettata, permette di distinguere coloro che sono turisti da altre categorie di soggetti, quali: diplomatici, emigrati, passeggeri, escursionisti[6], che mancano di qualcuno dei requisiti individuati nella convenzione statistica. Tali requisiti sono: lo spostamento, inteso come distanza minima e tempo necessari per portare il turista al di fuori dei luoghi abitualmente frequentati; la permanenza, ovvero il periodo trascorso nella località visitata; lo scopo della visita, cioè la motivazione che porta un individuo a intraprendere un viaggio.
Volendo declinare questi aspetti con riferimento alla situazione attuale, si può dire che lo spostamento sia ormai simile a una curva di Peano, vale a dire un movimento che grazie ai progressi della tecnica è in grado di saturare tutto il pianeta; la permanenza sia andata progressivamente riducendosi, dato che oggi accanto alle tradizionali ferie sono emerse tipologie di vacanza brevi, quali i week-end e i ponti festivi; la motivazione sia divenuta quanto mai varia e complessa, poiché le attività che il turista pone in essere nei luoghi prescelti sono molte e connesse fra loro.

( da "Cultura della''accoglienza e qualità dell'ospitalità nel STL di Oristano" tesi in Economia e Gestione dei Servizi Turistici di Moi Giuseppe, luglio 2010 ) 

[1]  Il caso più antico è rappresentato da “Voyage of Italy, or a complete Journey through Italy” dell’inglese Richard Lassels, risalente al 1670, mentre il più celebre resta “ Viaggio in Italia” di J. W. Goethe che visitò la penisola tra 1784 e il 1788.
[2] WTTC (World Travel & Tourism Council)
[3] www.unwto.org
[4] Commissione statistica delle Nazioni Unite
[5] World tourism Organization
[6] In particolare nell’escursionismo il discrimine adottato è il viaggio di durata inferiore alle 24 ore.

lunedì 6 settembre 2010

Lucio Dalla e Francesco De Gregori - Gran turismo

   

Il 20 Agosto scorso sono stato a Cagliari, a vedere Dalla&De Gregori, il duo di Banana Republic trent'anni dopo. Occasione fin troppo ghiotta per lasciarsela scappare, era infatti parecchio tempo che non assistevo a un concerto.
La serata è stata molto calda, dal mare spiravano generose folate di vento africano, e nell'attesa - con mia sorella e mio cognato - abbiamo sbocconcellato qualche panino, tra il rumore di fondo dei generatori elettrici dei camioncini dei venditori ambulanti, e la musica di De Gregori, che appena visibile oltre i cancelli d'ingresso dell'anfiteatro, provava in solitaria  da un angolo seminascosto nel palco, diffondendo nell'aria, a ripetizione, la strofa della canzone "Vai in Africa, Celestino!": "Pezzi di storia, pezzi di divisione/ Pezzi di Resistenza, pezzi di Nazione/Pezzi di Casa Savoia, pezzi di Borbone / Pezzi di corda, pezzi di sapone / Pezzi di bastone, pezzi di carota / Pezzi di motore contro pezzi di ruota / Pezzi di fame, pezzi di immigrazione / Pezzi di lacrime e pezzi di persone / Ognuno è figlio della sua sconfitta / Ognuno è libero col suo destino / Butta la chiave e vai in Africa, Celestino!" Lontano una nave da crociera attraccava con lentezza esasperante nel blu del porto di Cagliari, mentre qualche cornacchia saltava sulle gradinate ancora vuote dell'anfiteatro, in cerca di piccoli avanzi di cibo.
Lo spettacolo è stato coinvolgente ed emozionante. I due hanno tenuto la scena da attori consumati, integrandosi a meraviglia, mostrandosi in forma strepitosa e come una delle coppie più curiose e artisticamente riuscite della musica italiana. De Gregori altissimo, in abito e barba  grigi e con un cappello rosso, molto fine e misurato nel portamento, più americano, nell'aspetto, che italiano. Dalla, al contrario, più italiano e plebeo, con spontanee capacità teatrali nella mimica del corpo. Entrambi più simili ai personaggi d'inizio Novecento descritti da alcune loro canzoni, ad esempio Titanic, che a sè stessi; in ogni caso veri artisti di strada, con identica capacità di ammaliare - sotto una luna veramente "gigante" e "metallo" - il pubblico e tenerlo incollato alla loro musica per circa due ore e mezza. 
La prima parte del concerto è stata particolarmente intensa e poetica, ed è stata dominata dalla voce bellissima e un pò rugginosa di De Gregori, che ha riproposto, con la cura dell'antiquario e lucidati a puntino, numerosi suoi cavalli di battaglia: Titanic, La Storia, La valigia dell'attore, La leva calcistica della classe '68,  Viva l'Italia, Santa Lucia, e canzoni più recenti, come Agnello di Dio. Tutte versioni per così dire "classiche", appena sfiorate dalla vena sperimentale con cui talvolta ama stupire e disorientare il pubblico più affezionato. Non sono mancati pregevoli duetti con Dalla, istrionico al sax e al clarinetto, anche se ho trovato particolarmente belle soprattutto La Storia, eseguita al pianoforte dal solo De Gregori, e incantevole, ma sempre singola, la versione di Santa Lucia - "la canzone che gl'invidio di più", racconta spesso Dalla. Difficile non notare come le canzoni di Gregori resistano al tempo come piramidi, e non perdano di contemporaneità; questo Calvino scappato dalle pagine della letteratura per occuparsi di canzone, ha scritto cose che riflettono il meglio della coscienza civile d'Italia, le cui vicende sono filtrate, con grande acume critico, in un percorso poetico narrativo e fiabesco dai codici melodici e delicatamente rock, mai banale.  
Nella seconda parte il concerto si è fatto più di "entertainement", e Dalla seduto dietro al piano ha potuto liberare le valvole della propria voce, inframmezzato quà e là dalle morbide incursioni vocali di De Gregori e della sua armonica, per un repertorio decisamente più leggero rispetto a quello del cantautore romano, ma egualemente godibile. Com'è profondo il mare, 4 marzo '43, L'anno che verrà, Canzone, Balla Balla ballerino, ecc. hanno fatto da complemento alla parte iniziale molto applaudita e contribuito a scaldare ulteriormente il pubblico. Anche Dalla è scolpito nella coscienza collettiva degli italiani, nelle loro radio e nelle strade, sublime cantore di porti e piazze grandi, di città e disperati erotici stromp.
Lo spettacolo è andato avanti fino a mezzanotte inoltrata ed è stato concluso dai fuochi d'artifico degli ultimi brani, la Donna Cannone e Caruso - quest'ultima un pò rivisitata - che hanno suscitato sinceri applausi di ringraziamento da parte del pubblico dell'anfiteatro. Poco prima una versione, elettricissima, di Buonanotte Fiorellino, e subito dopo, per concludere, alcuni brani di bis. 
Interessante anche la canzone Gran turismo. Scritta assieme di recente dai due artisti, riguarda il tema del viaggio, anzi i nostri viaggi postmoderni, spesso superficiali e frettolosi, dove "il mezzo giustifica il fine"  e le persone più che scoprire "si fanno viaggiare"- definizione dalliana per spiegare la differenza tra passeggeri e viaggiatori. In effetti senza la curiosità di conoscere e andare in fondo alle cose, l'esperienza del viaggio si riduce a ridicolo passatempo sociale. Una bella canzone e un'indiscutibile verità sui tempi, il vero viaggio che ciascuno di noi dovrebbe intraprendere non riguarda tanto e solo lo spostamento in senso fisico, ma il déplacement interiore, ovvero la capacità di acquisire nuovi occhi, e ritornare da un luogo con qualcosa di davvero nuovo in tasca.